L’ ultima spiaggia - Prima di questo argomento è importante, senza tacere, precisare che quanto di seguito andiamo ad esporre non conterrà la descrizione dei metodi seguiti dai moderni ipnoterapeuti per operare sulle patologie dei loro pazienti, anche se, di tanto in tanto, si farà cenno a concetti ed a tecniche di utilizzazione. Il nostro ( il tuo ed il vostro ) obiettivo è quello di evidenziare quanto sia fondamentale far leva sull’inconscio creativo della persona per elicitare le risorse e dirigerle all’attivazione dei processi di guarigione. Si tende, quindi, a considerare l’attenzione con cui il medico si pone allo studio del livello di intelligenza creativa e di sensibilità umana dei suoi pazienti nonché badare alla cura operata per dirigerli ad un inconsueto interrogarsi finalizzato al risveglio e all’utilizzo di potenzialità sopite. Si considera, dunque, che “ il processo dell’interrogarsi è in realtà una tranquilla ricerca interna di risposta creativa dall’inconscio che può ristrutturare e utilizzare il cosiddetto elemento di disturbo ” (b.r.). La ristrutturazione è un utile elemento di trasformazione che segue al depotenziamento della coscienza irrigidita dalle limitazioni apprese atto a risvegliare le forze risanatrici dell’inconscio che appropriatamente stimolate conducono la creatività del paziente lungo l’esplorazione di nuove reti associative. Inoltre, la motivazione ad affrontare il discorso della creatività nella psicoterapia è supportato dalla spontanea considerazione che l’uomo è per sua natura proteso all’evoluzione, alla trasformazione, ad operare con inventiva nel suo ambiente, ed ovviamente, prima che ciò accada, tali cambiamenti, che il corpo sa avvertire, sono progettati nella sfera dell’intelletto. Quest’ultima certezza è ben sintetizzata dalla replica di Leibniz all’aforisma di Locke, secondo il quale “ nulla è nell’intelletto che prima non sia stato nei sensi. Rispose Leibniz: « nulla fuorché l’ intelletto »; ed è tutto quanto è da dire ” (b.r.). Se la natura dell’uomo è quella di operare rinnovamenti e modifiche, ciò significa che qualunque impedimento della creatività individuale conduce al patimento e alla malattia. Il ripristino dell’equilibrio nel caso di presenze patologiche, spetta, dunque, ad una psicoterapia che tenga conto di tale umana tendenza creativa. “ Tradizionalmente la creatività era considerata un fenomeno raro e misterioso, presente solo in pochi eccezionali geni quali Leonardo, Mozart o Einstein, benché si constatasse che altri artisti o scienziati in genere più mediocri, producevano in qualche occasione opere creative sia pure minori. Attualmente, soprattutto negli Stati Uniti, si tende a ritenere che la creatività sia diffusa, sia pure in vario grado, nell’intera popolazione ” (b.r.). Di più ampie vedute è lo psicoanalista junghiano Aldo Carotenuto la cui visione si centra sulla creatività dell’uomo come vero elemento catalizzatore ed unico possibile modo di affrontare la pena nonché unico strumento in grado di aprire uno spazio trasformatore. Non più oppresso e paralizzato dal passato ma aperto al futuro, al divenire, l’essere umano riscopre in tal modo la dignità di ogni accadimento (b.r.). Ciò premesso, riteniamo che l’ipnoterapia sia un modo creativo per intervenire sui disturbi psicologici dell’uomo. Tale convinzione trova origine, sia nello studio della creatività in genere a cui molte scuole di psicoterapia dirigono la loro attenzione; sia, da parte nostra, nella particolare considerazione che i momenti creativi si evidenziano principalmente quando si modifica lo stato di coscienza. La cosiddetta modifica del “ normale ” stato di coscienza è la modalità principe per operare nella ipnositerapia. E. Rossi riferisce, a tale proposito, nella descrizione dell’approfondimento della trance, le procedure con cui Erickson presenta le numerose “ modalità ipnotiche o alterate di funzionamento per una possibile esplorazione da parte del soggetto. Queste modalità alterate di funzionamento si presenteranno naturalmente una volta che l’ Io inconscio abbandonerà la sua abituale attività appresa di costruire una realtà concreta consensualmente corretta o vendica. Quanto deve essere noioso per le potenzialità ingabbiate del nostro inconscio creativo essere continuamente al servizio dei bisogni prosaici e concreti di questa cosiddetta « realtà consensuale »! Non c’è da meravigliarsi che ogni tanto l’inconscio parta per la tangente della sua naturale tendenza a una qualche forma di espressione originale di sé. Di solito noi tarpiamo i suoi sforzi in modo così forte nel nome della « realtà » che la cosa migliore che può fare è presentarci una qualche forma di espressione individuale disturbata che siamo ben pronti a etichettare come « sintomo nevrotico » se non peggio. La verità è che il terreno dell’inconscio è il regno delle idee, e che in esso l’inconscio può essere tanto creativo quanto gli viene permesso di esserlo. Una volta liberato dalle costrizioni della cosiddetta realtà consensuale esterna, l’inconscio può organizzare e ristrutturare idee, percezioni, sensazioni e comportamenti in una varietà infinita, e in qualsiasi modo terapeutico. Dopo che l’inconscio ha compiuto in se stesso queste riorganizzazioni terapeutiche, è allora disponibile a sostenere le esigenze del nostro Io cosciente e costruire realtà consensuali che fanno da ponte alle nostre interazioni con il mondo esterno ” (b.r.). Possiamo con certezza promettere, assicurare che il modus operandi dell’ipnoterapeuta si esercita, per regola, con azioni volontarie e ponderate protese alla modifica del “ normale ” stato di coscienza soprattutto con la finalità di accedere alle risorse inconsce, creative dei pazienti. Diviene dunque evidente che l’ipnoterapia è un metodo di cura che, più di qualunque altro metodo, si pone a contatto con le forze rigeneratrici dell’inconscio del quale ne agevola le manifestazioni creative e le efficaci spinte trasformative. Inoltriamoci, ora, in un attento studio della creatività presente nell’approccio psicoterapeutico in ipnosi. “ La maggior parte dei pazienti si decide di far ricorso all’ipnosi come ultima risorsa, quando tutti gli altri trattamenti psicoterapici, ai quali essi si sono sottoposti, si sono rilevati inefficaci ” (b.r.). Per meglio intendere quanto sarà detto nelle pagine che seguono e prima di commentare la citazione appena riferita, riportiamo una metafora tratta da una esperienza di psicoterapia ipnotica per mezzo della quale l’operatore, ad un certo punto del suo intervento dimostrativo, inizia a stimolare “indirettamente” l’inconscio del paziente nel verso della trasformazione terapeutica, della ricerca interna, etc. Eccone il motivo: “... in un bellissimo salone adibito a festa sono esposti magnifici dipinti, stupende opere d’arte: è uno spettacolo. Ben ordinati, posti l’uno di fianco all’altro, su cavalletti, ed incastonati in pregiate cornici di colore oro, tali radianti creazioni sono esposte con abilità all’attenzione del mondo e raccolgono consensi e commenti. Agli occhi dei leggiadri visitatori le opere d’arte si pavoneggiano palesando colori allettanti che carpiscono l’attenzione degli intervenuti i quali non restano indifferenti al “ bello ”, a tanta seducente grazia e bellezza. Dopo lunga esposizione una delle opere d’arte si interroga: « Perché nessuno mi osserva? E’ possibile che raramente qualche occhio distratto possa posare, appoggiare la sua attenzione su di me, solo per qualche minuto ? » L’opera d’arte, convinta della sua invisibilità inizia a piangere, a piangere; e con le lacrime che scivolano lungo le rughe della tempera si sciolgono i colori con i quali essa, fino a quel momento, si era abbigliata e mostrata. Le tinte sbiadiscono e sgocciolano via stillate di sofferenza e di lì a poco sul quadro restano solo ombre confuse le cui tracce portano ai colori deposti sul fondo, all’orizzonte tra la tela e la cornice. Molta gente smarrita tra il pubblico grida al miracolo e in breve le folle si recano a far visita a un’opera d’arte, ora invisibile, i cui germogli restano custoditi nel mondo ignoto della tela ...” (b.r.). La luce, il patimento di questa metafora è la guida che introduce nel vivo di due interrogativi: cosa vuol dire ricorrere all’ultima risorsa ? e perché l’ultima risorsa è individuata, da parte di alcuni pazienti, nell’ ipnosi terapia ? Per quanto riguarda il primo quesito possiamo affermare che ogni qual volta un paziente fallisce nel tentativo della risalita egli può sentirsi sempre più solo, con le spalle al muro; e l’ultima risorsa si trova sempre più vicina, e di seguito, ai falliti trattamenti avuti con pratiche varie di psicoterapia alle quali il paziente si era sottoposto. Anche a causa di questi insuccessi egli si autopercepisce come escluso, più distante dalla realtà e dal mondo delle relazioni con gli altri, isolato, non compreso. Inoltre, l’ultima spiaggia ha il significato di prova decisiva il cui insuccesso conduce alla rinuncia, conduce all’abbandono di se stessi in un universo alieno. L’ultimo tentativo rappresenta quindi, l’ago della bilancia tra la risalita e la follia, tra la ripresa delle relazioni e l’esclusione dal mondo. L’ultima spiaggia si incontra dunque dal terapeuta ipnotista sul quale può pesare la responsabilità e gravare il peso o la colpa dei fallimenti che hanno condotto il paziente nell ’ ” area degli esclusi ”. E spesso l’ipnoterapista si può sentir dire dai pazienti frasi del tipo: “ il mondo non mi vuole più e non lo sa ”. Questa frase detta da Pasolini, e che fu profetica della sua fine, denuncia il sentimento di esclusione patito dall’artista. Senso di esclusione che è patito da molti esseri umani i quali ad un certo punto della loro esistenza possono trovarsi all’interno di una dimensione umana che li colloca “ al di là dello steccato ”. In tale nuova dimensione la persona resta imprigionata in una battaglia conflittuale di dover subire il magnetismo della propria crudele realtà, da una parte; ed il desiderio di relazione con il mondo che non accetta facilmente dissomiglianze, dall’altra. Sembra palese che l’uomo vuole esperire la sua intima peculiarità, la sua diversità; egli vuole però anche vivere con gli altri, accogliere ed essere da questi accolto con le sue convinzioni e con le sue scelte. E’ altresì evidente che l’umana tendenza del singolo a magnificarsi della propria unicità appartiene all’essere in evoluzione; ed inoltre tale disposizione coincide con l’indole creativa dell’uomo. Successivamente, e con notevole frequenza, unicità e creatività vengono riposte, per condizione, nel profondo intimo della persona a causa della paura che gli fa temere di poter subire il brutto castigo dell’esclusione. “ Infatti ci sono sempre valori, idee, un senso dell’esistenza che non è possibile condividere con gli altri.., in fondo a se stesso ciascuno di noi patisce segretamente il senso della propria diversità, che lo pone al centro di un conflitto apparentemente irrisolvibile, diviso tra il bisogno di non tradirsi e la spinta a ricercare passione, amore e l’accettazione degli altri. In analisi incontriamo individui che soffrono di un senso di esclusione così profondo e radicale da vivere il rifiuto anche quando niente e nessuno li rifiuta... L’esclusione è vita senza speranza, perché la speranza nasce soltanto in un’area condivisa con gli altri. Purtroppo l’escluso è vittima di un meccanismo sinistro, cattivo, perverso: quanto più debole e inferiore si sente, quanto più colloca in alto il mondo da cui ha bisogno di essere accettato, tanto più ripida si fa la parete da scalare, ogni passo falso lo fa retrocedere più in basso, e ciò lo rende ancora più bisognoso dell’accettazione degli altri ” (b.r.). Poniamoci ora la seconda domanda: perché l’ultima risorsa tesa alla ricerca del proprio equilibrio è individuata, da molti pazienti, nell’ ipnositerapia ? Possiamo tout court dire che: “ Alcuni sono attratti dal suo risvolto « magico », al quale si mostrano più sensibili che non all’immagine negativa che essa assume normalmente nell’opinione pubblica ” (b.r.). La motivazione del paziente alla scelta dell’ipnosi, l’ultima chance per liberarsi dalla sua “ malattia ”, è giustificata da precisi significati che sollecitano un ulteriore interrogativo: perché proprio nello stato di bisogno più urgente il soggetto si rivolge all’ipnotista, spesso percepito in modo negativo sia dal collettivo scientifico che sociale, anziché ad uno specialista accreditato? E di questa scelta il paziente ha una motivata, inconscia consapevolezza. E’ proprio questa consapevolezza che, a nostro avviso, conduce il soggetto a pregare aiuto all’ipnotista. Cioè il paziente sente con convinzione che può trovare la soluzione dei suoi problemi nella relazione con persone e medici più vicini alla sua realtà: il paziente “ escluso ” sta “ fuori dallo steccato ” e dunque la dignità di essere umano lo conduce, a seguito dell’ “ umiliante espulsione ”, a cercare fuori dal recinto la via di uscita per le sue pene. E fuori dallo steccato trova questa volta l’ipnotista simile alla sua “ posizione di escluso ” e simile per le aspettative “ magiche ” che il paziente ha in sé e che si riflettono facilmente sulla personalità di tale professionista. Sarebbe come offendere sé stesso andare a chiedere aiuto a soggetti appartenenti alla compagine sociale dalla quale il paziente “ è stato escluso ”. Si, l’ ipnotista va bene, è proprio il terapeuta giusto con il quale si possono anche ottenere gli effetti simili a quelli che O. Fenichel chiama miglioramenti di transfert: cioè, “ la presenza del dottore stesso può influenzare la psicodinamica del paziente, proprio come lo influenzarono le misure educative dei genitori, perché inconsciamente la presenza del medico è interpretata male, cioè come una ripetizione di quanto accadde nell’infanzia. « I meccanismi di miglioramento di transfert sono identici a quelli con i quali gli educatori ottengono i loro successi. O l’idea di continuare nel comportamento nevrotico si connette, nella mente del soggetto, all’idea di qualche pericolo, o l’idea di miglioramento si associa alla speranza di una ricompensa specialmente attraente, o ambedue queste connessioni si verificano contemporaneamente... miglioramenti di transfert di tipo minaccioso, ... anche di tipo rassicurante... e in certe circostanze, paradossalmente, possono verificarsi dei miglioramenti per rancore da transfert - per esempio, quando il paziente perde i sintomi non soltanto in onore all’analista in senso positivo, ma allo scopo di provare che l’analista che lo avverte che non è ancora guarito, può sbagliare .., accade a volte perfino che un paziente dopo un’analisi apparentemente lunga e profonda, rimanga malato; può allora terminare la sua analisi per andare da qualche altro terapeuta, e magari guarire in un periodo molto breve »...” (b.r.). Inoltre, con riferimento alla scelta dell’ipnoterapeuta fatta dal soggetto, potrebbe accadere che a tale preferenza il paziente giunge anche perché inizia a vedere il mondo in un nuovo modo, con fantasie e sogni diversi, creativamente, secondo le proprie individuali tendenze; così, egli dirige verso se stesso elementi nuovi che assumono significato terapeutico . Il paziente “ organizza ” in questa fase i suoi sogni secondo visioni prima trascurate la cui esistenza giaceva inattiva sul fondo della psiche. Quanti pazienti, per esempio, dopo essersi smarriti tra le certezze della vita si sono sentiti soli, senza più sogni ed esclusi dal loro mondo ? E quanti di questi, malati nel corpo e nello spirito, hanno trovato soluzioni nuove, nuovi modi di sognare, non nelle certezze mediche ma nei salotti di maghi e cartomanti ? E ovvio che il rapporto tra medico e paziente è diverso dal rapporto tra soggetto e cartomante. E’ altrettanto ovvio che dal mago si ottengono, spesso, miglioramenti a volte immediati. Poi, se i miglioramenti ottenuti da pazienti curati da uno psicoterapeuta, dopo essere stati con insuccesso trattati da altri psicoterapeuti, ha la sua importanza, maggiore importanza e significato assumono però i miglioramenti ottenuti dai pazienti nello studio del mago dopo essere stati invano trattati da psicoterapeuti professionisti. Miglioramenti di transfert su cui si innesca un effetto placebo colorito di magismo ? La risposta a questa ulteriore domanda ci proviene dallo psicologo clinico ed analista didatta all’Istituto C. G. Jung di Los Angeles, Ernest L. Rossi, il quale – commentando le modalità di intervenire in ipnoterapia di Milton H. Erickson durante un seminario in cui stava trasformando l’apparente insuccesso della sua dimostrazione in un successo - si chiede: forse Erickson realizza -... il fatto che l’insuccesso in realtà motiva il successo ?! Potrebbe l’improvviso sommarsi di queste componenti motivazionali e terapeutiche servire anche da base per le guarigioni apparentemente miracolose effettuate da guaritori, maghi, sciamani, e così via ? Proiettando la capacità di successo su un altro, il paziente depotenzia le proprie barriere di credenza nell’insuccesso e senza saperlo dà « via libera » a quegli intrinsici elementi terapeutici che sono necessari per la « guarigione ». La guarigione allora, sembra essere mediata da un’altra persona, mentre in realtà l’altra persona è servita solo a « sostenere » la proiezione del successo necessaria ad attivare e assommare le « minime componenti inconsce » del paziente. Manifestazioni meno evidenti di questo stesso processo le vediamo nel fenomeno della malattia e della guarigione iatrogene, nelle quali l’aspettativa negativa o positiva del medico altera a quanto pare il corso dell’esito della malattia del paziente ” (b.r.). Tali considerazioni ci portano sempre più nelle vicinanze dell’ultima spiaggia dove il paziente cioè può trovare la sua salvezza. Maghi e cartomanti sono posti all’esterno dello steccato e di questo non c’è il minimo dubbio. Ed il modo di curare con l’ipnosi dov’è posto ? “ Mentre Freud ha escluso l’ipnosi dalla sua pratica, ma ha continuato a mantenerla nelle sue riflessioni, Lacan, al contrario, l’ha esclusa sotto ogni punto di vista. Così nel suo famoso Discorso a Roma, dopo aver parlato degli stati indotti dall’ipnosi, ha pronunciato il divieto assoluto a fare ricorso ad essa: « Noi disapproviamo qualsiasi aiuto ottenuto sotto ipnosi, sia per spiegare il sintomo sia per guarirlo ». Bisogna però riconoscere che mettere l’ipnosi al bando, mentre si tenta di rinnovare la dottrina di una terapia totalizzante dello spirito, significa creare una lacuna che può suscitare qualche dubbio sulla solidità del sistema stesso ” (b.r.). Altri contributi lesivi per l’ipnosi hanno denunciato il pericolo dell’intrusività del terapeuta ipnotista nel paziente: “ anche se dobbiamo dedicare la nostra attenzione al fattore suggestione, non dobbiamo tuttavia esagerare nell’attribuirgli troppa importanza. Il paziente non è un sacco vuoto in cui si può ficcare ciò che si vuole; egli può scusare le sue mancanze e difendere ciò che porta con sé: determinati contenuti suoi propri, che si difendono ostinatamente da tutte le suggestioni e che emergono sempre in primo piano. Con le « suggestioni » analitiche, come ho sempre potuto constatare, si altera solo l’espressione, non il contenuto. L’espressione è illimitatamente intercambiabile, il contenuto invece è fisso e aggredibile solo a lungo termine e con difficoltà. Se non fosse così, la terapia suggestiva sarebbe sotto tutti gli aspetti la più efficace, redditizia e facile terapia, una vera panacea. Purtroppo non è così, come confesserà di buon grado ogni ipnotizzatore sincero ” (b.r.). Molte citazioni sullo stesso tenore delle precedenti, provenienti soprattutto dal mondo scientifico, hanno contribuito a lasciare l’ipnosi nell’ombra del magico ed in molte dotte dichiarazioni riferite alla ipnoterapia si sente dire con monotona ripetizione che l’ipnosi elimina un sintomo per farne saltare fuori un altro. E’ importante qui ricordare che “ l’influsso della magia è più forte nella medicina che sulla scienza naturale pura; e ciò perché la tradizione medica proviene dalle attività degli stregoni e dai sacerdoti. E nel campo della medicina, la psichiatria non è soltanto una branca più giovane, ma anche la più infetta di magia ” (b.r.). Questa matrice comune unisce medicina e psicoterapia, compresa l’ipnosi; ed in tutte le guarigioni che derivano dai rispettivi trattamenti c’è sempre da chiedersi in che misura abbia contribuito la “ magia ” e in che misura abbiano contribuito i metodi di cura. Per quanto riguarda l’ipnosi bisogna ringraziare M. H. Erickson che ha saputo dare alla “ nuova ipnosi ” i connotati di scientificità. Comunque, sembra oramai evidente, grazie alle discipline “ scientifiche ”, che, nel collettivo, l’elemento “ magico ” per eccellenza è stato attribuito, sempre dalla cultura scientifica, all’ipnosi. Ed è questa la ragione per cui molti pazienti cercano scampo nell’ultima spiaggia di quest’arte; anche per buttare, gettare via quelle certezze sociali nelle quali essi non trovano più alcuna risposta. I pazienti, a seguito di evoluzioni individuali, nell’ipnosi, trovano finalmente il sollievo di poter modificare, dilatare la loro coscienza nelle cui maglie si erano fissati modelli rigidi che avevano imprigionato i modi nuovi, creativi nella espressione dei loro bisogni. Ed ora, liberi, messi a sedere sulla poltrona dell’ipnotista si ha finalmente la sovranità di lasciare aperta la soglia della trance dalla quale emergono ricchezze che combinano gli elementi in una nuova “ scultura ”, originale, estrosa, creativa senza più fissare limiti che costringono la plasticità espressiva e creativa dell’inconscio. Tutto questo i pazienti lo vogliono vivere sempre nel rispetto delle loro credenze; credenze che tendono a svilupparsi lungo le vie della fantasia, dell’inventiva, del sogno e che precedono ed accompagnano l’incontro con la realtà. L’essere più autentico, a lungo imprigionato al di sotto dello schermo della coscienza, irrompe in essa destabilizzando le certezze nelle quali non si può più ritrovare la luce guida che è stata l’orientamento tra le strettoie geometriche del mondo razionale. Dal di dentro della persona sale una nuova voce che intende esprimersi con chi in superficie riesce ad intenderla, poiché essa non parla il linguaggio dell’essere “ civilizzato ”, ma il linguaggio della natura umana: e il paziente è pronto a salutare il nuovo salire del sole che sorge biondo, luminoso, colmo di notizie. E’ questa voce che spesso conduce il “ paziente escluso ” dall’universo cosciente, smarrito dinanzi al nuovo linguaggio magico dell’inconscio, a cercare nell’ipnotista un interprete che lo guidi nell’acquisizione del nuovo “ dialetto ”. Gergo che apre le porte al dialogo con i propri desideri e con i segni di presagi che orientano verso l’attesa della profonda guarigione dell’anima. Insomma, attendere è anche parte del linguaggio irrazionale dell’essere creativo. “ Ma che cosa significa essere creativi ? Questo è un problema molto importante, e ci riguarda poiché probabilmente molte delle sofferenze psichiche dipendono dal disagio o dalla paura di esprimere la propria creatività. L’uomo creativo, indipendentemente da quella che può essere la spiegazione che egli offre della sua creatività, è al centro di una lotta che tende ad una sintesi fra il contingente e il transpersonale. Potremmo decidere di definire il contingente come la nostra storia personale, mentre il transpersonale può essere assimilato all’inconscio collettivo ” (b.r.). Il paziente, dunque, giunge all’ultima spiaggia dove poter sperare che divengano più nitide e meno temibili quelle immagini dinanzi alle quali il solido terreno della coscienza è divenuto instabile. Così, l’ipnotista terapeuta guida il suo assistito al graduale incontro con le forze terribili e sconosciute che rendono dubitabile e malferma ogni cosa, compreso l’operare produttivo dell’ormai turbata coscienza dell’individuo. “ Anche se la coscienza - assolutamente a torto - dovesse considerare arcaiche e ostili le forze archetipiche dell’inconscio, la unica garanzia di sviluppo consisterebbe per lei nel non perdere mai di vista tali forze e nel « tenerne scrupolosamente conto », perché, nel momento in cui le considera inesistenti, ne diventa inconsciamente la vittima. Quando noi riusciamo a cogliere la psiche umana nella sua totalità, nella quale, non solo dal punto di vista evolutivo ma anche dal punto di vista funzionale, coscienza e inconscio formano un tutt’uno e hanno bisogno l’uno dell’altro come sistemi diversi e differenziati di un organismo vivente, allora noi vediamo che solo una connessione dinamica tra coscienza e forze creative dell’inconscio consente un ulteriore sviluppo della coscienza stessa ” (b.r.). Sono proprio queste forze creative che vengono privilegiate nell’utilizzazione terapeutica dell’ipnosi; e l’ortodossia scientifica arrecherebbe molti benefici allo studio della psicoterapia in genere se confrontasse i metodi classici con i nuovi metodi di intervento con cui l’ipnositerapia si è evoluta. Una evoluzione di tale valore che porta i risultati ottenuti dai più recenti studi a dissolvere nel nulla tutte quelle affermazioni che ancora oggi tentano di negativizzare l’ipnositerapia accusandola di direttività, di intrusività o di violenze contro il paziente. Escludendo tutte queste fandonie protese a “ bruciare ”, colpire la conoscenza dell’ipnosi nonché pregiudizievoli per l’ipnosi stessa, si dovrebbero considerare i contributi ricchi di significato terapeutico che provengono da ricerche condotte da molti terapisti del campo e che esaltano il successo delle nuove conoscenze nelle applicazioni ipnoterapeutiche e soprattutto la conoscenza del mondo creativo interiore del paziente come fonte inesauribile al servizio del malato. Conoscere, diffondere e pubblicare questo aspetto nell’evoluzione dell’ipnosi è fondamentale. Ora, consapevoli che l’ipnoterapia non è una “ vera panacea ”, come d’altronde nessuna psicoterapia può assurgere a tale statura, diviene utile riflettere su come un “ ipnotizzatore sincero ”, Milton H. Erickson, procede in ipnoterapia e con quanta cura vaglia le forze creative che risiedono nell’universo delle risorse della persona. Inoltre, gli apporti naturalistici e di utilizzazione rappresentano l’essenza del suo approccio e del suo genio creativo nell’innovazione ipnoterapeutica. Tali riforme nei metodi ipnotici utilizzate da M. H. Erickson erano principalmente atte a dirigere l’attenzione al fine di trovare negli schemi naturali del comportamento quotidiano i segreti dell’individualità di ciascun paziente che si utilizzano poi a scopi terapeutici: “ Egli ci mostra gli effettivi approcci, metodi e tecniche che permettono alla persona di utilizzare la propria esperienza di vita e le associazioni inconsciamente acquisite al fine di cambiare comportamento, ricreare l’identità e ristrutturare la propria vita in modi nuovi e significativi ” (b.r.). E ciò avviene senza nessuna violenza o direttività sul paziente ma unicamente aiutandolo a ricongiungersi con il suo ricco universo creativo indi poter utilizzare le ricchezze in esso contenute: “ Erickson dà raramente suggestioni dirette poiché troppe volte queste invogliano l’Io del paziente (le sue capacità coscienti, volontarie ) a fare qualcosa; di solito l’Io compie uno sforzo cosciente per eseguire la suggestione. Ma in ipnosi Erickson preferisce che le suggestioni siano poste in atto dai sistemi di risposta autonomi che aggirano l’intenzionalità cosciente, volontaria del paziente. Se il suo Io fosse bravo e capace di risolvere il problema, il paziente non avrebbe bisogno di terapia. Il terapista è necessario per favorire l’emergere di potenzialità e sistemi di risposta non sfruttati, che l’Io del paziente non è stato in grado di utilizzare in forma volontaria ed intenzionale. Pertanto lo scopo fondamentale degli approcci indiretti di Erickson è l’aggiramento delle limitazioni apprese del paziente in modo che si possono manifestare le potenzialità prima non realizzate ” (b.r.). Infatti, anche E. Rossi, nel commentare l’accesso all’inconscio creativo secondo il modo di operare di Erickson, delinea alcune analogie terapeutiche dell’inconscio creativo per eludere i limiti appresi della percezione conscia indi poter giungere alla ristrutturazione (b.r.). Pensiamo, che sia ora possibile fare una breve sintesi di quanto fin qui abbiamo detto: poniamoci dunque una domanda, richiamiamo un mito, chiariamo una metafora. Come può l’ipnoterapeuta riconciliare il mondo creativo inconscio e la realtà cosciente del paziente ? L’ipnotista è il tramite tra la luce e le tenebre, tra il conscio e l’inconscio; è il tramite tra la ricerca dell’eroe e la divinità: Orfeo, musico solitario, triste e malinconico eroe di Tracia, con il solo suonare la lira mostrò il suo grande dolore per la perdita della sua amata; suono che commosse e convinse Ade a concedergli di scendere, di inoltrarsi giù nel grigio e buio baratro che conduceva al regno degli inferi e poter così riprendere la sua amata, Euridice. Ma, ahimè, egli durante la “ risalita ” verso la luce si volse indietro e, per tale inosservanza, perse per sempre la sua anima (b.r.). Il mito di Orfeo, ci introduce nelle vicende dell’eroe la cui ultima spiaggia è rappresentata proprio dalla discesa agli inferi. Giunto alla soglia dell’antro “ L’eroe si scontra con il drago ( genitori primordiali - il maschile e il femminile ) e la vittoria lo conduce alla conquista del tesoro. L’eroe è portatore di cultura; e come ogni portatore di cultura opera una sintesi tra coscienza e inconscio creativo. Egli ha raggiunto in sé quel punto creativo, quella punta del rinnovamento e della rinascita, che nel rito della fertilità del nuovo anno è rappresentato dall’identificazione con la divinità creativa ... La conoscenza di questo punto creativo, del tesoro nascosto è ciò attorno a cui gravitano gli sforzi dell’umanità ” (b.r.). Infine, ritorniamo al quadro, al motivo della metafora apparso all’inizio di questo capitolo: poniamoci dinanzi a quell’opera d’arte, anzi, facciamo in modo di essere il mondo intorno ad essa; lasciamo che essa sia anche, con la sua realtà, il mondo intorno a noi; lasciamo che questi universi si inglobino in una sintesi, in un solo universo. Ecco, ora tutto è pronto a far fiorire i germogli che eravamo andati a piantare sull’ignoto fondo del dipinto. Ora possiamo dar potenza alla sua creatività nascosta e ridar vita e colore alle ombre confuse rimaste sulla tela; ora possiamo essere psicoterapeuti - pittori artefici di una realtà che ha bisogno dei nostri “ pennelli ”: è la filosofia che “ anima il pittore, non quando egli esprime delle opinioni sul mondo, ma all’istante in cui la sua visione si fa gesto, quando dirà il pittore francese Paul Cèzanne, egli « pensa in pittura »” (b.r.).
© RIPRODUZIONE RISERVATA

|